Nature

Un'idea geniale

pubblicato da Tony Fornero il 2024-03-28

Seduto su uno sgabello costruito con gli assi dei pallet, Nicola, basso di statura, ma con il tronco del corpo che era un armadio, le mani che stringevano come una morsa, aveva acceso una vecchia stufetta in ghisa grezza con le gambe posteriori diritte. Le anteriori sagomate con grazia, imbruttivano la linearità della nuova canna fumaria in lucido acciaio. La canna saliva al basso soffitto del garage, svoltava ad angolo e usciva dal buco sulla porta per dispensare aromi non proprio gradevoli ai nove piani del caseggiato popolare.

Quegli inquilini tolleravano i fumi che uscivano dal suo garage perché “Nicò”, così lo chiamavano, era un brav’uomo di cinquant’anni con figli e moglie a carico. Era vissuto in una famiglia di pescatori a Santa Maria di Leuca e, dopo aver assolto il servizio militare, aveva cacciato in una valigia qualche indumento, alcune salsicce piccanti, un caciocavallo, pagnotte ed era partito per il Nord Italia. Destinazione: Torino Mirafiori, un “Paradiso” in quei tempi per gli abitanti del suo paese. A Torino aveva trovato ospitalità presso compaesani e in breve tempo il lavoro in una azienda che stampava particolari in lamiera per la “mega-ditta” di un avvocato. Aveva lavorato in quell’azienda per oltre trent’anni, o poi era stato sbattuto fuori, come tutti gli altri suoi compagni di lavoro. Ora viveva con gli aiuti statali e pescava dalla buonuscita che i padroni gli avevano “elargito”, per sciacquarsi la coscienza. Era in attesa della pensione, ma ad ogni cambio della politica, slittava in avanti nel tempo.

“Nicò” aveva provato, invano, a trovarsi un nuovo lavoro e allora nel suo garage aveva iniziato a riparare piccoli elettrodomestici, per cimentarsi poi con le lavatrici. Eseguiva riparazioni elettriche e idrauliche. Quando la lavatrice era da buttare, così come altri apparecchi di uso domestico, recuperava il motore e quello che sarebbe potuto servire per altre riparazioni.

Non si lamentava mai, era un uomo felice, seppur in quella condizione. Unico rammarico: parcheggiare la vecchia Panda in strada per fare spazio alla sua nuova attività.

”Nicò” era diventato famoso nella fila dei caseggiati della zona perché, oltre a risolvere ogni guasto, faceva pagare ai suoi clienti: il costo dei materiali sostituiti, dimostrati con tanto di scontrino, mentre la sua mano d’opera era a loro discrezione. Nel garage, poi, c’era una grande latta del caffè vuota, sul coperchio una fessura e un foglietto che cambiava la scritta di volta in volta. Quel giorno recitava: “Per aggiustare la carrozzella elettrica di Maria”. Un’altra volta: “Per rifare le porte del campo sportivo e comperare reti nuove”.

Non pensava solo a beni di estrema necessità perché diceva che, se non si “sostenessero” anche cose non strettamente necessarie, quel quartiere sempre più povero, sarebbe diventato anche il più squallido. E quel bidoncino si riempiva pian piano di monetine, ma non erano rari anche biglietti di una certa taglia.

Un giorno era arrivato l’inquilino del terzo piano con un vaso portafiori rotto in tre pezzi che lui stesso aveva già provato a incollare, un oggetto vecchio e sbeccato in diversi punti, di nessun valore, ma così non era per il suo possessore che si era dilungato in un racconto, anche commovendosi. Dietro quella triste storia “Nicò”, intenerito, glielo aveva aggiustato.

Non l’avesse mai fatto! Incominciarono ad arrivare nel garage oggetti in vetro, ceramica, maiolica che lui riusciva, quasi sempre, a riparare.

Quel giorno Piera gli portò una tazzina da caffè nuova, nemmeno bella, con il manico rotto. E volle che gliela aggiustasse, a qualunque costo, senza spiegarne la ragione. Lui non stette a discutere, le disse di lasciala lì e che l’avrebbe incollata.

Uscita Piera, “Nicò” si sedette sullo sgabello, mise la tazzina davanti a sé sul banco da lavoro, vide che il manico “copiava” perfettamente alla tazzina. Non ci sarebbero stati problemi a incollarla. Fissò la tazzina e si ricordò che da giovane, a Santa Maria di Leuca, il caffè gli veniva di solito servito dal barista con la mano destra. Lui invece di girarla per prenderla con la “sua” mano destra, diceva di cambiargliela con un’altra che avesse il manico a destra. Fatto che suscitava sempre l’ilarità del barista perché quella richiesta l’aveva già avuta mille volte.

Incollò quindi il manico alla tazzina, ma non smetteva di fissarla, e fu così che gli venne l’idea meravigliosa: “Se incollo un altro manico al lato opposto della tazzina, ne ottengo una per quelli che la … vogliono a destra e per quelli che la vogliono a manca, e poi, e poi chi trema può prenderla con entrambe le mani, no?”

Ritornò subito in sé e stabilì che fosse una fesseria. Facendo altri lavori pensò alla imminente festa annuale del quartiere durante la quale, oltre ai banchetti con costine di maiale e salamelle, si racimolavano quattrini con varie iniziative, per i più bisognosi.

Durante la notte, però, non riuscendo a prender sonno a causa di quella strana idea, decise che avrebbe cercato due tazzine uguali e una l’avrebbe sacrificata per recuperargli il manico da incollare sull’altra. E, finalmente, il sonno arrivò.

IL mattino dopo, di buon’ora, provò con tazzine che aveva in casa la moglie, senza dirglielo, e la prova fu perfetta. Prese la Moka che borbottava sulla stufa, stava per versare il caffè nella solita tazzina, ma, “Perché no” si disse, e quel liquido fumante riempì la tazzina con i due manici contrapposti.

L’aroma che saliva nel filo di fumo ondeggiante era da favola, invitante, ma lui era bloccato. “E se questa idea la brevetto? Forse è troppo un brevetto, comunque sarebbe originale. Come modello d’utilità potrebbe essere accettato, e allora … potrebbero anche arrivare soldi, soldi, soldi. Ma non li terrei tutti per me”. Gli passarono davanti alla mente, come le piccole scritte in basso nei film, tutte le cose alle quali aveva dovuto rinunciare. La prima che avrebbe fatto … ritornare a Santa Maria di Leuca, aggiustare la casa dei suoi genitori e comperarsi, nooo!!! non uno yacht o un elicottero, ma una piccola barca da pesca. “Nicò” prese con due mani la sua tazzina e bevve quel caffè ormai freddo senza nemmeno accorgersene.

Sparse la voce per l’idea avuta e il garage fu invaso da tazzine da caffè di tutti i tipi alle quali lui aggiunse un manico. Le fece decorare da persone del quartiere che già avevano quell’ hobby, e in quel garage un centinaio di tazzine era pronte per essere messe all’asta alla festa del rione.

Dei tre figli di “Nicò”, l’unico che aveva proseguito gli studi e si era laureato in ingegneria civile, aveva trovato lavoro in un’azienda italiana che costruiva ponti in Africa, in quel periodo a Dubai. Era stato assunto, momentaneamente, come semplice impiegato, in attesa di un posto adatto alla sua professione. In quei giorni era ritornato in Italia, e subito il padre gli aveva fatto vedere la sua invenzione. Rimase colpito da quella tazzina buffa e, purtroppo, si ricordò di aver già visto tazzine con due manici su riviste di architettura che leggeva in biblioteca, e che erano state progettate da un architetto, o designer, del quale non ricordava il nome.

«Papà, non offenderti, non hai inventato niente.».

“Nicò”, sbigottito, chiese:

«E allora, chi le avrebbe mai inventate?».

Il figlio gli disse ciò che si era ricordato, e lui:

«Pazienza!».

In quella persona onesta e semplice, quei titoli da film che erano passati davanti alla sua mente, ripassarono nuovamente, ma all’indietro. Si riprese e disse: «Figlio mio! se ti sbagli ad aprir bocca prima che siano battute all’asta …» e lo abbracciò da spezzarlo in due.

Le tazzine “ambidestre” furono tutte battute all’asta con “NIcò” in veste di banditore, e si ricavò una somma di gran lunga superiore alle previsioni.


Il sole di mezzanotte

pubblicato da Eliana Frasca il 2024-01-09


Caro papà,
stasera il mio pensiero va a te perché le circostanze hanno fatto riaffiorare un bel ricordo che ancora mi commuove:
ti ricordi del viaggio verso il sole di mezzanotte?
Quel viaggio premio per i miei diciotto anni che avevi tanta voglia di regalarmi e di fare con me e, con il tuo solito entusiasmo, mi avevi descritto come una delle meraviglie del mondo assolutamente da vedere.
Ma come eri lontano dalla mia realtà, ovvero dal mondo di una introversa diciottenne che aveva tutt’altri sogni in quel momento.
Non è mai il momento giusto per un genitore.
Quante cose non fatte con i figli, quante parole non dette perché non è mai il momento giusto, poi la vita passa e improvvisamente ti accorgi che non è infinita e che avresti ancora tante cose da dire, tanti consigli da dare, tante opinioni da esprimere. Ma ti accorgi anche che i figli sono cresciuti ugualmente, anche senza condividere con te le esperienze, le emozioni, i sogni.


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Il luogo del cuore - Valchiusella: Magica Valle

pubblicato da Margherita Clary il 2023-11-23

Il luogo del cuore

Ci sono luoghi che, per qualche misteriosa alchimia, risvegliano in noi ricordi ed emozioni sopite, ci fanno riscoprire la nostra vera essenza, ci catturano l’anima e, finalmente, la nostra irrequietezza si placa.

Vai al testo e alla poesia di Margherita


La vita in una stanza

pubblicato da Eliana Frasca il 2023-11-19

La vita in una stanza
Mai nessuna stanza è stata più desiderata, faticosamente conquistata, orgogliosamente rivendicata, contesa, espropriata ed amata come il mio studio, ma solo per brevissimi scorci di tempo è stata veramente solo mia, per il resto è stata la testimone più accreditata dello scorrere della vita intorno alla mia famiglia.

Vai al racconto di Eliana Frasca


Una cuoca

pubblicato da Tony Fornero il 2023-11-10

Una cuoca (tony fornero)

Al di là della vetrata si maneggiano coltelli, mestoli di grandi dimensioni, pentole fumano sulla grande stufa in una ordinata confusione.

È mezzogiorno del 1° novembre.

La chef, con l’alto “Torque blanche” rigonfio in cima, l’ampia giacca con doppia abbottonatura, un altrettanto spazioso grembiule che le arriva ai piedi, è indaffarata con un forchettone e ogni tanto lo solleva. Parla e indica qualche cosa alla ciurma di quattro aiutanti, tra cui un nero alto alto. Nemmeno dal labiale si capisce che cosa dica oltre la vetrata offuscata dal vapore, ma una pacca sulla spalla, un accenno di assenso a uno, lo scuotimento del capo a un altro, lo sguardo al nero con il dito indice alzato e in movimento, parlano la lingua universale.

Gualtiero è seduto al tavolo con il suo amico Gigi e, mentre aspettano che il cameriere serva il primo piatto:
«Non sono mai stato qui, bello, ma Gigi: guarda quella là dentro!».
«È la padrona, Gualtiero. Sentirai che zuppa di cavoli ci preparerà!».
«Gigi, non vorrei essere suo marito! Quella ha studiato da cuoca in Germania ai tempi del Terzo Reich!».
«È vedova da alcuni anni, e non ha studiato da nessunissima parte, tutta farina del suo sacco».
«Ma allora la conosci».
«Certo, da parecchio pranzo qui la domenica, mica come te che hai una moglie che ti fa trovare tutto pronto, tranne questi giorni in cui è andata al Sud per commemorare i suoi cari e tu sei rimasto per tenere il cane, e, detto tra noi, il cane è una scusa, vero?».
«Gigi, sei una carogna, ma ci acchiappi sempre. Ma perché vieni qui a pranzo la domenica? Ci sto acchiappando anch’io?».
«Sì, qualcosa c’è. Credo. Alla fine del pranzo e quando il locale si svuota, io e la cuoca gustiamo il caffè insieme, parliamo del più e del meno, poi ci salutiamo, io pago il conto e me ne vado».

La zuppa di cavoli è servita, un primo piatto è divorato, un secondo, sempre di cavoli, è gustato. C’è ancora un piccolo spazio per un po’ di frutta e il “Bunet”.
Poi: «Gigi: caffè e liquorino?»
«Gualtiero, aspetta e vedrai».

Una signora alta si avvicina da lontano al loro tavolo. Indossa un vestitino blu notte che calza a pennello. Una scollatura “Quanto basta” sembra disegnata apposta per quel petto. L’incedere, quasi da modella, fa sì che la gonna svolazzi valorizzando le gambe e i piedi che calzano eleganti scarpe con tacchi né alti né bassi.

Nel locale sono rimasti Gigi e Gualtiero che rimane con la bocca aperta, le sopracciglia che pare vogliano raggiungere il soffitto, e quei capelli neri sciolti sulle spalle non gli fanno richiudere la bocca.

«Ciao Silvia, ti presento Gualtiero. Gualtiero, ti presento la cuoca».

Gigi ha sul viso l’espressione di uno che ha vinto alla lotteria e Gualtiero quella di chi ha finito di annusare i sali.

Finiti i convenevoli seguiti da caffè e liquorini vari, i tre si raccontano la loro vita. Cose belle e brutte come per tutti, e questo si sa, ma quando si arriva a darsi del tu e i discorsi scavano nel profondo annaffiati e annebbiati un po’ dall’alcol, affiorano le verità.

Dopo momenti di silenzio per le loro reciproche confessioni, Silvia prende una mano di Gualtiero tra le sue e implorandolo:

«Gualtiero! Ho capito che siete due brave persone, e veri amici. Dimmi tu come faccio a smuovere questo, Gigi. Io ho bisogno di un uomo come lui che mi aiuti a mandare avanti il ristorante. Sai, le tasse, personale, le banche, ma oltre a questo ho bisogno d’altro, voglio ricominciare a “Vivere”, e gliel’ho prima fatto capire, poi detto, ridetto, ma lui tentenna sempre, e se la domenica me lo ritrovo sempre qui, ci sarà un motivo no? O sono una stupida».

Gigi ha gli occhi lucidi che guardano di profilo il volto della donna, Gualtiero manda giù il nodo che gli è salito in gola e dopo un lungo respiro:

«Gigi, adesso abbracci Silvia forte forte da spezzarla in due mentre io esco e vado a portare a spasso il cane» e mentre esce dal ristorante: «Altrimenti … vengo a pranzo e cena qui tutti i giorni, e senza di te! Capito?».


Gelotti

pubblicato da Piera Gedda il 2023-11-04

Quando io e le mie amiche ci ritroviamo è inevitabile che i nostri discorsi vadano a finire sui tempi passati. Affiorano allora i ricordi di personaggi del nostro paese Gauna, frazione di Alice. Vecchie storie …  

Una di queste figure è Gelotti, diminutivo di Angela, Angelotta…  

Così si chiamava una mendicante che viveva nei boschi negli anni ‘50. Vestiva di stracci: gonne lunghe, arricciate in vita, alla cui cintura appendeva un secchiello tramite un cordino; chiedeva pane, polenta e latticello di burro per sfamarsi.  

Non aveva più occhi per piangere… conosceva dolore, povertà e  fame. Anni addietro la sua piccina era scivolata nell’acqua della roggia, dove lei , lavandaia, si recava a lavare i panni per le famiglie benestanti. Era stato un evento terribile: la bimba era caduta nella roggia e l’acqua impetuosa l’aveva travolta; Gelotti aveva cercato di afferrarla, senza riuscire a trattenerla.  

Il dolore per la morte della bimba, la disperazione, l’umiliazione e la vergogna di non possedere nulla, la fecero impazzire ed ora vagava nei boschi.  Viveva ai margini della società, con l’unica compagnia degli animali.  

Nessun l’aveva aiutata. Nessuna cura. La gente non aveva compreso che la sua pazzia era per lei il rifugio per sopravvivere.  

La follia come forza di vita. Il desiderio di fuggire, di nascondersi per poter morire in pace e dimenticare lo strazio del dramma terribile che la perseguitò fino alla morte.  

 Nessuna di noi amiche e coetanee ricorda come finì la misera vita di Gelotti.  Dopo un po’ di lei non si parlò più.  

Una anziana del paese ricorda che quando Gelotti, veniva sorpresa dalle intemperie, per trovare riparo si rifugiava nella nicchia di un pilone votivo tra Gauna e Vistrorio, detto Pilon d’la Maga dedicato alla Vergine Maria. Noi vogliamo pensare che quella Madonnina l’abbia accompagnata in cielo.


Sensazioni di un giorno d’autunno

pubblicato da Tony Fornero il 2023-10-11

Sensazioni di un giorno d’autunno (tony fornero)

I rami del pesco sono tristi e le loro foglie morte cadono, svolazzano per l’ultima volta. Cavoli, broccoli e finocchi, invece, si ergono orgogliosi per catturare i raggi di un sole lontano.
Le pecore che pascolavano nei giorni scorsi sotto al mio piccolo podere, che io stesso coltivo, se ne sono andate. I loro belati non erano uguali mentre brucavano l’erba, segno che si dicevano qualche cosa tra loro. Io non capivo, ma ero certo che non litigassero, e quell’armonia rasserenava anche il mio animo. Ritorneranno tra una decina di giorni, quando l’erba sarà ricresciuta.
Questo luogo sembra lontano dall’abitato, benché sia vicino al paese. Dal piano si arriva a una zona montuosa che termina in un muraglione di pietra a vista. Una salita porta a un’area che confina con un teatro dalla capienza di centocinquanta spettatori. Sul fianco opposto, invece, ci sono boschi con piante d’alto fusto.
Il teatro, costruito accanto a una chiesetta sconsacrata, faceva parte del vecchio cimitero. In questo complesso si svolgono, oltre agli spettacoli, corsi di musica a ragazzi dai tre anni in su: violino, violoncello e contrabbasso. Il metodo è quello del Maestro Shinichi Suzuki, nato nel 1898.
A lato del teatro, la roccia sale fin dove si erge il campanile del paese, molto lontano dalla chiesa situata in basso.
I nonni materni avevano costruito una grande vasca in cemento, a ridosso di un masso erratico. Ora ospita pesci rossi a coda lunga e una miriade di gambusie. Alcune rane prendono il sole sulle ninfee o sulla roccia. Con I pesci rossi, ormai, ho stretto amicizia. Quando mi vedono salgono a galla per mangiare i vermi che getto loro. Le rane, invece, non sono ancora riuscito a “prenderle per la gola”. Quando mi scorgono dalla roccia, si tuffano in acqua con eleganza; altre, scompaiono sotto alle ninfee.
Nel periodo autunnale, io lascio agli uccelli grappoli di uva americana, ancora profumata, come voleva mio nonno. Approfitto poi, dell’occasione, per piluccare qualche acino anch’io, e quando la “merce” diventa rara è ancora più gradevole.
Coppie di ghiandaie mi vengono vicino per prendersi i vermi quando vango il terreno. Compio questo lavoro a mani nude, per “sentire” il contatto con il manico di frassino dell’attrezzo. Una coppia di picchi verdi, merli, colombi selvatici sono tranquilli. In primavera e agli inizi dell’estate, invece, il batter d’ali e i vocii creano una melodia, in concorrenza a quella dei violini diffusa dalle finestre aperte del teatro. Sul cornicione di quell’edificio, poi, sono appollaiati i colombi selvatici.
Quando tubano sembrano a un contrabbasso, e creano una miscellanea di suoni gradevoli, non trascrivibili su un pentagramma.
In questo luogo ho trascorso infanzia e fanciullezza con i nonni materni. Ora riposano lassù, ad alcune centinaia di metri, in collina. Quando guardo e fisso quel muro bianco, il nonno si sveglia e viene qui. Eccolo! È arrivato:
«Tony: guarda quella fila di piante secche che ha prodotto i pomodori».
Io guardo, non parlo, e lui:
«E tu che cosa hai fatto? Vangato il terreno e interrato piccoli semi dai quali sono nate grandi piante. Non è una meraviglia? È un miracolo Tony. Si rinnova ogni anno».
Io annuisco con il capo, e lui:
«S’è fatto tardi», e sale sulla nuvola che lo riporta lassù, dalla nonna.
Io seguo la nuvola e dico:
“Grazie nonno: quando sto qui, sono felice”.


I "SENTIMENTI " di una ... donna ...

pubblicato da Teresa il 2023-09-15

I "SENTIMENTI " di una ...donna…

Dedicato a tutte quelle "donne" che come me, pur amando tantissimo, hanno chiuso porte, non per orgoglio, ma per rispetto verso se stesse.
Mi ritengo una bella persona e sono quelle come me, temprate dalle avversità della vita che vengono messe a dura prova.
Sono queste le persone che danno di più, che ci credono di più, che sperano di più.
Sono queste le donne che hanno un'anima e lo mostrano a viso aperto.
Sono queste le donne "incantevoli", le piu' difficili: hanno sempre un vissuto complesso.
Sono spesso le piu' difficili, ma anche quelle che sanno dare di più.
Chi ha fardelli di dolori interiori non si arrendono, riservano i migliori sorrisi, perché hanno vinto il disappunto e per vincere il disappunto ci vuole "coraggio": lo stesso che serve per i sentimenti.

"Bella" donna non significa avere quel "gradito" aspetto.
Bellezza è il viso di chi ha pianto e ora sorride.
Bellezza sono le rughe segnate dal tempo.
Bellezza sono i pugni e le carezze che i ricordi ci lasciano.
Bellezza è lasciarsi vivere per quelle piccole cose che fanno di una vita .… la vita.
Ogni giorno succedono cose, tanto da non riuscire a tenerle a mente né a contarle e tra di esse si nascondono i granelli di una felicità appena percepibile che l'anima respira e vive.
Il tempo passa, si diventa grandi e le cose si osservano con più calma, ma con l’intento di continuare a crescere.
Si ha gli anni in cui si comincia ad accarezzare i sogni con le dita e le illusioni diventano speranze.

"Donna" è l'età in cui l'amore, a volte, è una folle vampata, ansiosa di consumarsi nel fuoco di una passione attesa e, a volte, è un angolo di pace come un tramonto sulla spiaggia.
Quanti anni si ha! .... non c'è bisogno di segnarli con un numero, perché i desideri avverati, le sofferenze lungo il cammino al vedere le illusioni infrante valgono molto più di questo.
Che importa se si compie 20- 40 – 50 - 60 anni ....! Quel che importa è l'età che si sente .… nella propria anima, nei propri desideri; è l'età per vivere libera e senza paure. Per continuare senza timore il proprio cammino, perchè si porta con noi l'esperienza acquisita.
E tu … donna, siane orgogliosa.....fai tutto ciò che vuoi e senti di fare...
Teresa


Solo per oggi

pubblicato da Maurizia il 2023-09-03

Solo per oggi



Misericordia

pubblicato da Accanava il 2023-08-26

Misericordia

La dottoressa sedette a fianco al letto dell’uomo.

Dal 91 si occupava di scambi energetici tra le persone.

L’uomo, un prepotente, aggressivo, bestemmiatore, violento e offensivo con le parole, ora era lì, inerme, nel letto, con le flebo nelle braccia, assopito, in attesa di morire.

La dottoressa conosceva l’invocazione alla divina misericordia, e prese a recitarla mentalmente.

Lentamente l’uomo passò.

Qualche tempo dopo lo sognò, stava seduto in una ambulanza i cui vetri erano opachi, o forse fuori si vedeva solo una fitta nebbia, una sorta di limbo, e lei stava seduta dietro di lui, lo accompagnava nel viaggio attraverso quel grigiore.
Al risveglio si chiese il perché dell’ambulanza, che senso simbolico fosse, poi si ricordò di una telefonata da una cugina di Firenze che le raccontava di stare facendo volontariato sulla misericordia. ( a Firenze si chiama ancora così l’ambulanza, con l’antico nome dei primi soccorsi.)

Ora le è tutto chiaro, è stata quella misericordia divina invocata da lei ad accompagnare l’uomo nel viaggio, un vero pronto soccorso. Ma soprattutto le è chiaro il simbolismo che usa il linguaggio della mente per comunicare.

Luisa Accattino


Sul filo della memoria

pubblicato da Maria Jose Ragona il 2023-08-16

Sul filo della memoria
Insieme ad altri ragazzi del luogo, che di stazione in stazione salivano, il treno giungeva a Ivrea colmo di uomini e donne che scendevano e si riversavano nella Via Jervis e riempivano come un fiume umano il marciapiede e debordavano nella strada, dove iniziavano a vedersi alcune automobili e parecchie motociclette.

Uomini e donne timbravano ed entravano in quegli stanzoni che contenevano macchinari e tavoli da lavoro.

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Un angolo di paradiso

pubblicato da Bruna Bovo il 2023-08-03

Un angolo di paradiso

Giaco, il margaro, scendeva con il suo mulo in paese a far provviste più o meno ogni due settimane: pane secco per i suoi cani, due micconi di pane fresco per sé, farina da polenta, riso, un salame, qualche scatoletta e qualche dolce, vino e caffè. In cambio portava il burro e il formaggio che produceva e che non mancavano mai sulla sua tavola. Poi caricava tutto nelle due gerle laterali del mulo che, nel frattempo, l’aveva aspettato nella piazza vicino al cartello stradale a cui era legato e, con passo svelto, scarponi pesanti e vissuti, zaino sulle spalle, raggiungeva il bar.
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Leggi il bel racconto di Bruna Bovo


Il giardino di Elisabetta: le impressioni di Romana e Maurizia

pubblicato da Romana e Maurizia il 2023-06-17


Madre e figlia: un mondo unico

pubblicato da Teresa Cena di Colleretto il 2023-03-13

 Tu.....
            emozione
 tu...
 mia dolce donna che sei il mio passato , il mio presente , il mio futuro
 tu...
 che fantastichi e che nella realtà vorrei potessi realizzare tutti i tuoi sogni
 tu...
 dove la tua tristezza fa spegnere la mia luce , e     
  il tuo sorriso illumina il mio cammino
 tu...
   a volte testarda, impulsiva, ma buona, generosa, altruista, creativa dal grande cuore
 tu...
 che profondamente amo e ringrazio per l'indimenticabile emozione. 

Il sole caldo e alto nel cielo si specchia sulle onde dell'azzurro mare.
La spiaggia e' gremita di gente...la mia pelle scura fa da contrasto al bianco del mio costume .
Costume inusuale al mio stile per voler difenderti da occhi indiscreti e soprattutto per proteggere e riparare gelosamente il tuo " spazio " .
Sebbene la mia figura abbia assunto altra forma, io sono felice...mi vedo bella e ogni qualvolta tu ti diverti a fare capriole io provo una sensazione meravigliosa...quasi magica..
E' bello sentirti.
Non so di quale colore appenderò il fiocco alla nostra porta, non so con quale suono pronuncerò il tuo nome, ma qualunque esso sia io ho amato fin dal primo momento .
Il caldo invoglia alle lunghe passeggiate, alle nuotate e l'acqua salata rende il mio corpo appesantito leggero come una piuma .
Tu, da otto mesi fai parte di me....accompagni i miei sogni, le mie giornate, le mie notti, i miei passi rendendomi
Felice, raggiante e nonostante non sia ancora possibile già vorrei poterti toccare, baciare, sentire il profumo della tua pelle .
Fu quella notte, quella notte particolare dove anche la stanza con i riflessi della luna sembrava più luminosa .
Ti sentivo agitatissima...un vero tsumani. Oltre che scalciare furiosamente trasmettervi dentro di me un dolore molto forte.
Sì, notte insolita dove ignari e sprovveduti di ciò che stava succedendo lasciammo la località.
Sebbene il viaggio di ritorno fu lungo e faticoso , arrivati a destinazione una certa sicurezza mi fece sentire momentaneamente più tranquilla .
L' accoglienza fu eccellente .
Un signore dal camice bianco dopo aver constatato la situazione ci porto' ....ricordi?...ci porto' in quella stanza dove sui vetri lucidi io lessi :... sala parto!
Il dolore non passava, anzi era sempre più forte e perdonami se per alcuni istanti ti sei sentita trascurata.....ero confusa,
impaurita, agitata, preoccupata.
Una grossa luce bianca a forma di scodella rovesciata illuminava parte del mio corpo.... sentivo tanto caldo e la donna
vestita di verde assicurandomi che tutto procedeva bene , dolcemente mi asciugo' con un panno il sudore dalla fronte e sul seno nudo .
Poi....poi....poi....uno stridente pianto smorzo' il silenzio della stanza...
L' emozione e' grande, immensa !
L' emozione più grande, più bella della mia vita .
Tu piccola, indifesa, bagnata come un pulcino rannicchiata sul mio petto .
Mi guardi, ci guardiamo...ti bacio, ti accarezzo...non posso trattenere le lacrime.....Lacrime silenziose ma rimbombanti
di forte rumore.....gioia, riconoscenza, commozione, ringraziamento, amore.
Lacrime di assoluta certezza, di quanto ti ho amata ancora prima di conoscerti.
I tuoi occhi appena aperti al mondo fanno di me una donna speciale, unica.
Meravigliosamente speciale, fortunata dove oggi solo tu sai leggere dentro al mio cuore.
Amati sempre e non perdere mai la bellezza che custodisci.
Non importa quanti anni hai, tu sarai sempre il mio pulcino bagnato, la mia dolce bambina la mia piccola grande Francesca.

Ricorda....
        con infinito amore.
        con infinito sentimento....
         .....io senza di " te" non sarei mai " me"

                       la tua mamma




Libri e Film

pubblicato da anonimo il 2023-02-28

Ho già scritto altre volte per la vostra rubrica “scrivere per essere vicini” e questa volta mi son detta: perché non scrivere, oltre ai nostri ricordi o i fatti raccontati, anche di libri o film che mi hanno lasciato dentro un’emozione…
Un film molto romantico che ho visto parecchie volte è: Anna and the King.
Una signora inglese Anna, vedova con un figlio di una decina di anni, si reca in Siam a fare l’insegnate alla numerosa figliolanza del Re che ha pure molte mogli. Tra i due nasce qualche cosa di bello. Ad un certo punto Anna, dopo aver preso un po’ di confidenza, chiede al Re:
“ma le vostre mogli non sono gelose?”
Egli risponde: “No perchè ognuna di loro crede di essere l’unica”
Quando Anna osa manifestare in modo energico la sua disapprovazione nei confronti di certi atteggiamenti del sovrano riguardanti il modo di amministrare la giustizia lui esclama:
“Non accetto ordini da maestra inglese”.
Però di fronte all’espressione di ira trattenuta lui aggiunge:
“quando donna che ha molto da dire tace, il suo silenzio può essere assordante”
Verso la fine del film, quando Anna decide di tornare a casa, il Re la invita a ballare sulla terrazza del palazzo.
L’atmosfera diventa magica, nostalgica e commovente, preambolo dell’addio ed il Re esclama: “… ed io non avevo compreso la possibilità che un uomo potesse essere placato da una donna sola”
Che meraviglia questo Re!

Parliamo ora di libri
Quando ho letto “L’eleganza del riccio” di M. Barbery” ho trascritto questo piccolo brano che ho sempre tenuto tra le cose che ritengo degne di essere conservate.
“Il thè.
“Quando diventa rituale, rappresenta la capacità di far vedere la grandezza nelle piccole cose
Dove si trova la bellezza? Nelle grandi cose che, come le altre sono destinate a morire?
Oppure nelle piccole che, senza nessuna pretesa, sanno incastonare nell’attimo una gemma di infinito
Il rituale del the, qual puntuale rinnovarsi degli stessi gesti e della stessa degustazione, quell’accesso a sensazioni semplici, autentiche e raffinate, quella libertà concessa a tutti, a poco prezzo, di diventare aristocratici del gusto… perché il the è la bevanda dei ricchi come dei poveri, quindi ha la straordinaria virtù di aprire uno scenario di serena armonia.


AMO LE ROSE

pubblicato da Romana il 2023-02-08

AMO LE ROSE

Ora che fa freddo mi piace pensare a loro, le regine
dei fiori e vorrei invitare chi vuole coltivarle a
documentarsi sui cataloghi dei vivaisti, sulle riviste
specializzate, sui libri, così saremo tutti pronti
per piantarle in primavera nei nostri giardini.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il profumo di certe rose è inebriante ed indimenticabile,
indescrivibile a parole: spezie, fieno, mirra, pesca, albicocca, 
thè, fiori secchi.
Si narra che perfino Napoleone in punto di morte si fece portare 
una rosa prima di fare testamento e “appena gli portarono il fiore, 
inalò il profumo con una specie di gioia e sembrava scalmo”

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Ernesto Ravetto canta Tre Rose

pubblicato da roberto il 2022-12-20

Tre Rose (Testo Massimo Bubola)

Tre rose di son sedute al davanzale
Tre rose, tre sartine da sposare
Una cuce i ricordi, l'altra fila l'allegria
Una ricama la mia nostalgia
Una ricama la mia nostalgia


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Petite fleur

pubblicato da Tony Fornero il 2022-12-07

Petite Fleur
di Tony Fornero

Il clarinetto incanta.
Perché ho messo questo disco?
Chissà! Dove sarà adesso.
Petite fleur continua.
Tanti. Tanti anni fa.
Tanti tanti.
Petite fleur! Esageri ora.
Struggentiii! Gli acuti del tuo clarinetto. Sidney.
La melodia e il vento, su un tappeto di seta rosso, la riportano da me.
Tutto era finito, però.
Lei non mi aveva più cercato.
Io avevo “Cercato”, invece, di dimenticarla.
Perché?
Petite fleur è terminato
Che sia stato un sogno, allora?
 

Non c'era Babbo Natale, ma Gesù Bambino

pubblicato da Anonimo il 2022-11-30

Il ricordo del Natale della mia primissima infanzia

....  il mattino al risveglio, al fondo del letto
c’erano i pacchetti con i doni, ed io pensavo
 “Allora sono stata brava se mi ha lasciato questi regali"
Ho creduto a Gesù Bambino fino a quando un mio cugino
mi ha detto che erano i genitori e i nonni a fare i regali
e che “Lui” non esisteva.
Credo sia stata la mia prima grande delusione.
 

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La rivincita delle Barbie

pubblicato da Maurizia il 2022-11-27




La rivincita delle Barbie

"Oh bamboline, mie bamboline,
fedeli amiche di giorni giocosi,
potreste tornar sulle mensoline
or sgombre dei quaderni polverosi"

Leggi il simpatico ed ironico testo di Maurizia


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